A partire dal 2025, oltre a coloro i quali maturano i requisiti per la "Quota 103" (la cosiddetta
pensione anticipata flessibile, che spetta con 62 anni di età e 41 anni di contributi), anche i dipendenti che maturano la pensione con 42 anni e dieci mesi di contributi e le lavoratrici che raggiungono 41 anni e dieci mesi possono chiedere al proprio datore di lavoro di esercitare il diritto all’incentivo alternativo alla pensione anticipata ordinaria (Legge Fornero).
Nella pratica, a partire dal momento in cui avrebbero ottenuto il primo assegno di pensione, possono invece continuare a lavorare smettendo però di versare la
quota a proprio carico di contributi previdenziali, pari al 9,19% della retribuzione lorda imponibile.
C’è anche un’ulteriore agevolazione, determinata dal fatto che questa
somma aggiuntiva in busta paga non contribuisce a formare la base imponibile, quindi è
defiscalizzata.
Incentivo alternativo alla pensione anticipata: pro e contro
Si tratta di una scelta e non di un obbligo. Nel caso in cui si decida di utilizzare questo strumento, pertanto, si otterrà una
busta paga più alta perchè la trattenuta previdenziale confluirà nello stipendio. Diversamente, si può esercitare il diritto a pensione facendone esplicita domanda.
NB: il Bonus Maroni non scatta in automatico, ma va comunque richiesto al datore di lavoro; diversamente non viene accreditato in busta paga, neppure se il lavoratore non ha esercitato il diritto a pensione.
Impatto sulla pensione futura
L’esercizio di questa opzione comporta, però, non comporta soltanto un aumento dello stipendio negli ultimi anni lavorativi ma anche un minor versamento di contributi utili ai fini previdenziali, perché continuano a essere regolarmente pagati solo quelli a carico dell’azienda. Il
montante contributivo utile ai fini previdenziali continua quindi ad aumentare ma in misura inferiore.
C’è da considerare che il requisito per la pensione anticipata è comunque alto, quindi il Bonus Maroni riguarda lavoratori con più di 41 o 42 anni di contributi, per i quali può quindi essere
comunque conveniente l’esercizio di questa opzione.
Cosa cambia per chi matura la Quota 103
Il disegno di legge della Manovra chiarisce che continuano ad avere diritto al Bonus Maroni anche i lavoratori che maturano la
Quota 103 nel 2025. Anche per questa platea è prevista la defiscalizzazione della somma che confuisce in busta paga invece che all’Istituto previdenziale, contrariamente a quanto previsto negli anni scorsi.
Bonus Maroni: i motivi del potenziamento
La disposizione potenzia uno strumento che fino ad oggi non ha riscosso particolare successo. In base alla relazione tecnica di accompagnamento alla Legge di Bilancio, l’adesione è stata limitata sia nel 2023 sia nel 2024. Con l’allargamento della platea e la nuova defiscalizzazione il Governo
stima prudenzialmente circa
7mila adesioni.
Il potenziamento del bonus Maroni si inserisce in una precisa strategia che mira a ritardare il pensionamento con incentivi che rendano questa
scelta conveniente.
Le altre novità 2025 per la permanenza al lavoro
In Manovra c’è anche il nuovo
limite ordinamentale nel pubblico impiego, elevato per tutti fino all’età per la pensione di vecchiaia: consente, a chi ha maturato il diritto alla pensione anticipata, di restare al lavoro
fino a 67 anni.
Ripristinato anche l’istituto del
trattenimento in servizio, che era stato praticamente abolito nella stragrande maggioranza delle pubbliche amministrazioni. Di contro, è
abrogato il collocamento a riposo d’ufficio.
Il trattenimento in servizio
fino a 70 anni deve avvenire su base volontaria ma è comunque l’amministrazione che decide a chi proporlo.
L’ente di appartenenza ha tuttavia da rispettare un
limite del 10% rispetto alle nuove assunzioni programmate. Il trattenimento in servizio è correlato a specifiche attività da svolgere come il tutoraggio e l’affiancamento dei neoassunti oppure ad esigenze funzionali non diversamente assolvibili.